Giovane diplomato, ricercatore di filosofia, stressato dallo studio cerca conforto nella pace della campagna e torna alla fattoria avita dove ragazzino riusciva a trovare la pace desiderata. Ritrova il floricoltore che dopo averlo accolto anni addietro, da poco orfano dei genitori, lo considera più di un figlio, e la di lui figlia, lasciata cinque anni prima giovinetta e diventata donna, fragile d’aspetto ma forte nell’anima. Il giovane dottore si immerge con lei nelle nebbie della notte. Il gelo si avvicina e le coltivazioni vanno protette: il fumo dei fuochi sostituisce le nuvole che creano una coperta che riscalda dal freddo della notte, spiega con perizia la ragazza. A lui invece la notte evoca la leggenda del monaco nero che cominciò a vagare nel mondo e ricompare a distanza quando meno te lo aspetti nella notte buia. Il racconto spaventa la giovane che gli si accosta sempre di più e lui ci fa un pensierino mentre tornano a casa per riposarsi. Ma lui non va a dormire e torna indietro accompagnando il padre che fa il secondo turno di ronda. Quanto è affettuoso con lui tanto è aggressivo a parole con le maestranze, a suo dire distratte e incompetenti, e si intuisce che se fosse solo passerebbe immediatamente a vie di fatto. L’anziano floricoltore si confessa col figlioccio: lui vive per quel luogo che ha fama in tutta la nazione e che ha tirato su tutto da solo e soffre al pensiero che tutto vada perduto perché sa con certezza come andranno le cose: la figlia si sposerà e alla sua morte il genero manderà tutto in malora vendendo la proprietà. Quasi spera, eccezione epocale, che la figlia non si sposi perché sa che lei ha ereditato pari amore per quei luoghi e non li lascerebbe morire. A meno che non sia lui, il giovane ricercatore, ad ereditare quella responsabilità.
Già ci aveva pensato da solo, l’adorazione del suo genio da parte della giovinetta lo incanala dritto verso la realizzazione del desiderio matrimoniale del padre.
Un pomeriggio che ancora non è estate ma il freddo è ancora pungente, il giovane vaga da solo quando un vortice dapprima di vento poi di fumo nero prende le sembianze di un uomo, il monaco, che lo avvicina e gli parla. Il giovane continua ad avere visioni anche nei giorni successivi, e pur sapendo che sono allucinazioni si sente stranamente felice. Un giorno lo spirito gli rivela la sua verità: che deve sentirsi fiero di sé e del suo genio tutt’altro che mediocre. Travolto dalla felicità chiede la mano della fanciulla. La sua esagerata euforia tradisce lo stato allucinatorio e moglie e suocero lo sottopongono alle cure del medico che prescrive sedativi per la mente malata. Calmanti e riposo forzato trasformano corpo e spirito, scompaiono le allucinazioni ma anche la sua prestanza lascia il posto ad un essere pallido e bolso che, triste, maledice se stesso e chi gli sta intorno con odio particolare nei confronti del suocero: perché lo avevano curato se questo era il prezzo? Prima era pazzo e megalomane, ma in compenso era allegro, interessante e originale. Ora era l’essere mediocre che a lui ripugnava. Intollerante, arrogante, lascia tutto: moglie, suocero e campagna.
Va a convivere more uxorio con una donna più matura. Dopo due anni riceve una lettera accusatoria della moglie con la notizia che il suocero è morto per colpa sua. Ormai è un uomo perduto che si spegne lentamente. Rivede il monaco nero per l’ultima volta che lo rimprovera per non avergli creduto.
(Liberamente tratto da Il monaco nero di A. Čechov)
Nessun commento:
Posta un commento
Il tuo commento è in via di approvazione