domenica 1 maggio 2016

è natura…

Il giovane scrittore non è più una promessa ma neanche una certezza. Scrive romanzi, fa progetti arditi, scopre nuovi linguaggi ma il pane a casa lo porta con l’editing per una nota casa editrice. Pubblica interviste a personaggi di solida fama per varie riviste online… e ormai son dieci anni che salì da Napoli… mannaggia a chi t’è muort…
Sul Freccia Rossa 35528 delle quattordici si dirige da Firenze verso Milano dove arriverà in solo un’ora e quaranta, giusto in tempo per raggiungere la Feltrinelli in centro, dove alle sedici e trenta verrà intervistato sul suo ultimo romanzo. Oggi paga l’editore. Quando paga di tasca sua prende l’Intercity che costa meno e dura di più. La tappa di oggi è la ventesima delle quaranta previste, sparse per l’Italia e concentrate in tre mesi, per farsi conoscere sul territorio nazionale. Una faticaccia perché ci deve anche incastrare le lezioni di scrittura creativa in città, quella Firenze che conosce meglio di chi ci è nato, compresa la topografia di tutti i trippai. Poi ci sono le interviste in giro per il mondo. Meno male che per l’editore può lavorare dove vuole: a casa, ai giardini, in treno… Proprio ora sta leggendo una bozza, un trattato pallosissimo sulla natura sensibile delle piante nel giurassico In quel mentre la tipa bona seduta di fronte a lui, cerca di attaccare bottone. 
Non gli par vero una fortuna del genere, di solito negli scompartimenti trova solo ex grandi fiche che gli cinguettano di aver letto tutti i suoi libri, ma il più delle volte lo scambiano col Vichi.
Ma quella non sembra conoscerlo e, poco originale, lo abborda con le solite frasi che si rivolgono ad uno che ha un libro in mano: che fai… leggi?... è divertente?... ahh… lo fai per lavoooro…
Lui che cerca sempre scompartimenti vuoti per concentrarsi, cullato soltanto dallo sferragliare del treno, all’inizio è scontroso, poi lo prende come un segno del destino. Si finge interessato: chi sa se riuscirà ad accattare qualcosa? Ascolta con falso interesse, intanto il birignao della femmina cambia tono e diventa confidenziale. 
Beato lui che lavorava mentre lei era sempre stata una parassita in vendita al miglior offerente. Nel dirlo la donna getta la testa all’indietro e tira su una gamba quasi sdraiandosi sul sedile e sbotta: “Sono proprio sfortunata.”
Ma che vuole questa ora? Pensa il giovane scrittore che già pregustava una sveltina.
Vuole farsi trombare o confessarsi?
Lui la inquadra meglio. Quando è entrata nello scompartimento non gli erano sfuggiti la minigonna con squarcio laterale, gli stivali a mezza coscia e la camicetta trasparente, molto trasparente, che l’aveva costretto a piegarsi da un lato e ad accavallare le gambe con dolore, per evitare una figura di merda. Subito si era immerso nella lettura del capitolo sulle spore delle felci. 
Meglio lavorare, aveva pensato.
Ora nota il suo abbigliamento alla moda, e, per quel che ne capisce lui, non sembra che provenga da uno shopping ai grandi magazzini. 
Lei inizia a piagnucolare, lui approfitta sedendole accanto e abbracciandola per consolarla. 
Intanto valuta il soggetto a tasto. Però, è notevole ‘sta panterona! Difficile staccarsi dopo che ti si è accostata. La bacia sulla fronte e la invita a proseguire il racconto. 
La tipa non si sottrae, anzi gli si accomoda addosso, ma si fa sempre più affranta e prosegue la sua storia lacrimosa: che era nata in periferia da brava gente senza mezzi né ambizioni, invece lei fin da piccola aveva riconosciuto in sé un prepotente talento artistico. 
In paese aveva ballato, cantato e recitato ma il palcoscenico dell’oratorio non le avrebbe mai dato alcuna visibilità Quindi a diciotto anni aveva partecipato ai provini per il Grande Fratello. L’avevano scartata subito. 
“Ci sono rimasta malisssimo!” 
Aveva capito dove aveva sbagliato, seguendo sul satellite le dirette notturne delle scene di sesso agli infrarossi: non aveva manifestato tutta la sua disponibilità. 
Così imparo, aveva pensato e si era incaponita ad entrare in un programma qualunque. Velina, letterina, paperina, meteorina… 
Venne convocata dal produttore: finalmente qualcuno l’aveva notata. Il vecchio barbogio col parrucchino l’aveva sbattuta sulla scrivania di quell’ufficio che sembrava la suite presidenziale dell’Hilton. Che avrebbe dovuto fare? Rinunciare a tutto quel ben di Dio? Prima la gavetta come amante, poi, dopo il divorzio di lui dalla vecchia, aveva sposato il Paperone. 
Nel frattempo mai più disagi economici anche per i genitori sempliciotti. Certo ogni singola volta che aveva dovuto intrattenere il vecchio prostatico era stata una tortura… Ma lui le aveva regalato una Maserati e comunque d’estate lei stava nella villa di Formentera e lo vedeva poco. Di inverno invece si accoppiavano più di frequente nell’attico ai Parioli.
Aveva resistito, forte della certezza che lui l’avrebbe lasciata per una più giovane. Perché fanno tutti così. Dopo cinque anni era arrivato il divorzio per infedeltà di lui e si era guadagnata il sudato vitalizio.
Il giovane scrittore non sa cosa pensare, la donna è la tipica arrivista analfabeta, personaggio da aborrire… però non vuole perdere l’occasione fallica.
Il giovane di belle speranze speranzoso la capisce, poverina, che era troppo giovane e influenzabile data l’età, che erano cose che potevano succedere. Anche lui agli inizi aveva avuto la tentazione di accorciare la strada per il successo. La sua prima editor, grassa e con la forfora, lo aveva quasi incastrato in uno scambio sessuale. E lui era proprio con le pezze al culo. Ma era giovane e gagliardo, avrebbe potuto d’impeto, come dicono gli Americani, to Put a flag on her face and fuck for America, invece non aveva ceduto.
Che però per un uomo non era la stessa cosa. Ma ora gli sembrava che lei manifestasse i chiari segni di un imminente riscatto e gli era venuta un’idea grandiosa: scriverle una sceneggiatura sulla sua esemplare storia da lolita del terzo millennio. 
Lei si riprende subito, l’idea la eccita - anche se è evidente che non sa chi sia Lolita - si struscia riconoscente addosso al suo eroe.
Dice che quella sarà la sua grande occasione per un film da protagonista. 
“Ora che sono libera posso fare tutto quello che voglio. Anche trovarmi un compagno per amore… in verità io ce l’ho già… ma…” e sospirando si ritrae.
Il giovane scrittore non comprende né i dubbi né le certezze di questa strana donna, nonostante ciò si illude ancora e intanto la voce metallica del capotreno dall’altoparlante annuncia l’ingresso in Milano Centrale..
Con un brivido lungo la schiena l’autore ammaliato capisce che non ha colto l’attimo. Stringe più forte a sé quella che ormai considera la sua preda: non importa se non scoperanno oggi, c’è tempo. Domani… tra una settimana… tra un mese… Ormai è fatta, niente li potrà separare.
“… sono proprio sfortunata… proprio ora che avrei potuto avere il vero amore… ”
“Non capisco, se sei libera di fare ciò che vuoi, che ostacolo c’è ancora?”
La speranza di essere il prossimo fra le sue cosce si va affievolendo. Attende la risposta con un vago bruciore di stomaco.
“Beh… vedi… io sto andando a Milano per un colloquio da un produttore…”
“Mi sembra fantastico per la tua nuova vita… e allora?”
“ Se mi va bene di nuovo… non avrò bisogno d’amore… ” 

(Liberamente tratto da Natura enigmatica di A. Čechov)

Allucinazioni


Giovane diplomato, ricercatore di filosofia, stressato dallo studio cerca conforto nella pace della campagna e torna alla fattoria avita dove ragazzino riusciva a trovare la pace desiderata. Ritrova il floricoltore che dopo averlo accolto anni addietro, da poco orfano dei genitori, lo considera più di un figlio, e la di lui figlia, lasciata cinque anni prima giovinetta e diventata donna, fragile d’aspetto ma forte nell’anima. Il giovane dottore si immerge con lei nelle nebbie della notte. Il gelo si avvicina e le coltivazioni vanno protette: il fumo dei fuochi sostituisce le nuvole che creano una coperta che riscalda dal freddo della notte, spiega con perizia la ragazza. A lui invece la notte evoca la leggenda del monaco nero che cominciò a vagare nel mondo e ricompare a distanza quando meno te lo aspetti nella notte buia. Il racconto spaventa la giovane che gli si accosta sempre di più e lui ci fa un pensierino mentre tornano a casa per riposarsi. Ma lui non va a dormire e torna indietro accompagnando il padre che fa il secondo turno di ronda. Quanto è affettuoso con lui tanto è aggressivo a parole con le maestranze, a suo dire distratte e incompetenti, e si intuisce che se fosse solo passerebbe immediatamente a vie di fatto. L’anziano floricoltore si confessa col figlioccio: lui vive per quel luogo che ha fama in tutta la nazione e che ha tirato su tutto da solo e soffre al pensiero che tutto vada perduto perché sa con certezza come andranno le cose: la figlia si sposerà e alla sua morte il genero manderà tutto in malora vendendo la proprietà. Quasi spera, eccezione epocale, che la figlia non si sposi perché sa che lei ha ereditato pari amore per quei luoghi e non li lascerebbe morire. A meno che non sia lui, il giovane ricercatore, ad ereditare quella responsabilità. 
Già ci aveva pensato da solo, l’adorazione del suo genio da parte della giovinetta lo incanala dritto verso la realizzazione del desiderio matrimoniale del padre. 
Un pomeriggio che ancora non è estate ma il freddo è ancora pungente, il giovane vaga da solo quando un vortice dapprima di vento poi di fumo nero prende le sembianze di un uomo, il monaco, che lo avvicina e gli parla. Il giovane continua ad avere visioni anche nei giorni successivi, e pur sapendo che sono allucinazioni si sente stranamente felice. Un giorno lo spirito gli rivela la sua verità:  che deve sentirsi fiero di sé e del suo genio tutt’altro che mediocre. Travolto dalla felicità chiede la mano della fanciulla. La sua esagerata euforia tradisce lo stato allucinatorio e moglie e suocero lo sottopongono alle cure del medico che prescrive sedativi per la mente malata. Calmanti e riposo forzato trasformano corpo e spirito, scompaiono le allucinazioni ma anche la sua prestanza lascia il posto ad un essere pallido e bolso che, triste, maledice se stesso e chi gli sta intorno con odio particolare nei confronti del suocero: perché lo avevano curato se questo era il prezzo? Prima era pazzo e megalomane, ma in compenso era allegro, interessante e originale. Ora era l’essere mediocre che a lui ripugnava. Intollerante, arrogante, lascia tutto: moglie, suocero e campagna. 
Va a convivere more uxorio con una donna più matura. Dopo due anni riceve una lettera accusatoria della moglie con la notizia che il suocero è morto per colpa sua. Ormai è un uomo perduto che si spegne lentamente. Rivede il monaco nero per l’ultima volta che lo rimprovera per non avergli creduto.
(Liberamente tratto da Il monaco nero di A. Čechov)