Su Yotube il sunto della serata con i vincitori delle varie categorie partecipanti al premio Italia Medievale.
Vi troverete abili musicisti, squisiti artigiani, degni eredi dei Longobardi, scrittori di storie del passato - su carta e sul campo.
In fondo alla fila I premiati del premio Philobiblon. Ci sono anche io. Se vi pare.
https://youtu.be/806dNeUAoe4
lunedì 28 novembre 2016
lunedì 21 novembre 2016
Che male vi ha fatto la povera Anna...
... ebbe a esclamare via mail, sconsolata, Silvia Costantino...
A me niente, poerina... però mi chiedo perché mai un libro che tratta tutti i protagonisti con la stessa attenzione, compresa, più o meno, la stessa quantità di pagine, si debba chiamare Anna Karenina e non Nullafacenza della società Pietroburghese di fine ottocento.
Inoltre non succede niente che non sia prevedibile perché che Levin si metteva comunque con la Kitty era telefonato quando lei va alle terme; che Oblonskij continuava a fare le corna alla moglie era citofonato già mentre cercava di farci pace. Meno scontato il povero cornuto, Karenin, descritto come brutto e antipatico, mi pare l'unico personaggio diverso: non ripudia la moglie anzi le permetterebbe di continuare a vivere alle sue spalle dietro una felicità di facciata. Ché gli altri erano meno superficiali e meno legati alle apparenze di lui?
Alla pagina 446 mi sono stufata, tanto sapevo come andava a finire... avevo visto lo sceneggiato con Lea Massari...
Salverei l'incipit se il citazionismo smodato non ne avesse deprezzato il valore.
Affinché la dieta rimanesse col giusto apporto calorico ho cambiato russo e ho iniziato a leggere Le Anime Morte di Gogol. Poche pagine ma già l'assenza di spiegazioni demagogiche o di leziosità romantiche o di piagnistei drammatici unita a una diffusa ironia, situazioni credibili e indizi interessanti mi fanno ben sperare. Ho già un brano preferito: quando Cicikov si perde e tutto inzaccherato trova ospitalità nella campagna sperduta presso la vecchia che nicchia all'idea di vendere morti. Quella vecchia che tiene da parte... una cappotta scucita, destinata col tempo a convertirsi in vestito... e la cappotta è destinata a giacere ancora un pezzo così scucita, fino al giorno che non passerà per disposizione testamentaria alla nipote d'una qualche nipote-cugina... sono io.
Non ho ancora intenzione di fare testamento ma di cose scucite nei cassetti ne conservo a iosa.
Ora, se Gogol e Puskin hanno inventato la letteratura russa e Dostojewsky e Tolstoi ne sono gli allievi putativi, per me andavano rimandati a settembre. A me è piaciuto molto anche la Figlia del Capitano ma Delitto e castigo non mi ha entusiasmato. Il tormento di pochi giorni, accompagnato dal perché e dal percome senza traccia di pentimento, si trascina per 780 pagine ma il castigo si conclude frettolosamente nella deportazione in Siberia dove un anno di vita dei due protagonisti è risolto in venti pagine.
Di sicuro è colpa mia, perché in passato avevo letto a fatica anche In morte di Ivan Ilic che pure è corto.
Continuerò comunque a seguire la dieta e proverò a leggere Memorie dal sottosuolo, che almeno nel titolo è accattivante.
Guerra e Pace non lo apro neanche.
venerdì 18 novembre 2016
Della serie Dieta e Disciplina: sulla necessarietà dell'esperienza psichedelica
Alla fine di giugno il mio nutrizionista letterario mi aveva
proposto una dieta personalizzata a base di esperienza psichedelica (da assumere per via cartacea),
non so se pensasse che l'assaggio narrativo mi avrebbe predisposto a mordere un
funghetto, tuttavia, siccome non sono disciplinata, ho dovuto almeno seguire la
dieta che consisteva in una triade siffatta: Le porte della percezione di
Huxley, Le lettere dello Yage di Burroughs e Ginzberg e Abbacinante di
Cartarescu.
Ho letto i primi
due ma non ne ho tratto grande soddisfazione.
L'ingegno e la penna di Huxley mi sembrano
superbi, ma il tentativo di convincere che il viaggio psichedelico giovi alla
medicina e, in subordine, all'arte mi pare debole. Pone a presupposto ciò che
invece dovrebbe essere il punto di arrivo: che il cervello del matto e quello
del sano funzionino in modo diverso. In realtà questa sarebbe stata la tesi da
dimostrare ma negli anni successivi si è rivelata un assunto sbagliato. Anche se
misura e registra tutti gli effetti dei suoi esperimenti non si può affermare a
buon giudizio che Aldous segua un metodo scientifico alla maniera di
Galileo.
Io ho invece percepito forte e chiara la
volontà da parte dell'autore di avvalorare la propria tesi e cioè che l'uso
delle sostanze psicoattive sia utile per indagare la psiche alterata ma
soprattutto per acuire il talento artistico. Mi sembra però che si pervenga a
un unico risultato, non misurabile (e quindi fuori dal metodo sperimentale) per
altro paragonabile per valore scientifico alla scoperta dell'acqua calda:
l'alterazione fungina permette di vedere le cose nella loro cosezza.
Pur trovandolo un valido argomentatore,
Huxley risulta troppo sofista per i miei gusti.
Le sue conclusioni sono giustificabili soltanto, ammessa e non concessa la liceità del metodo, per le scarse conoscenze dell'epoca sul sistema nervoso e degli effetti su di esso di sostanze esogene. Oggi che è nota l'anatomia e la fisiologia del cervello e l'azione farmacologia delle sostanze d'abuso, soprattutto gli effetti dannosi permanenti, è capzioso e surrettizio propugnare l'esperienza psichedelica come
metodo per produrre capisaldi narrativi.
Ne Il viaggio nel grande verde (come viene confidenzialmente chiamato lo yage) non ho trovato invece alcun interesse né per gli argomenti né per le argomentazioni.
Mi ha colpito soltanto una latente ingenuità e mi ha urtato una certa modalità cazzeggio poco interessanti. Non mi sono immedesimata in ciò
che leggevo e non ho avuto pulsione né urgenza di continuare a leggere. Del
resto non ho mai abusato di sostanze d'abuso, mi sono affrancata dalla nicotina
e indugio nell'alcol a stomaco pieno, non ho intenzione di cambiare abitudini e
mi bastano le mie endorfine: che ho in comune coi due compari? Il grande verde
mi ha stufato immediatamente anche per la forma epistolare che mi annoia. Non
sono riuscita a leggere neanche La società letteraria di Guernsey benché la Shaffer abbia una certa vivacità di scrittura.
Certo se il succo denso dell'opera arriva
a metà del libro il mio giudizio è discutibile perché frutto di analisi
incompleta. Le mie ultime speranze sono riposte in Cartarescu e che Dio me la mandi buona...
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