venerdì 22 maggio 2015

Il Dottor Casamonti

Come ogni mattina il Dottor Casamonti era arrivato per ultimo con la massima calma.
Era il suo modo di comunicare che non si era portato a casa i problemi di lavoro del giorno prima.
In laboratorio non si angosciava mai, anche quando Giorgio, il suo fido compare, gli sciorinava le criticità emergenti, non si scomponeva e si preoccupava soltanto di trovare il modo per evitare il proprio coinvolgimento.
Col solito fare insinuante, sbolognava i problemi a qualcun altro. Che spesso ero io.

Ma quando era inchiodato dalle sue responsabilità di dirigente del reparto produzione tondini di ferro, quando doveva fare il dottore e lasciare da parte il Casamonti, diventava dinamico ed esibizionista.

Prendeva il telefono, gonfiava il petto, tendeva il diaframma e con voce baritonale e uso sapiente di parole misurate e battute spiritose, ripristinava la norma. Magari aveva anche allargato la cerchia delle persone da sfruttare conquistando il malcapitato col suo charme.
Ma non era questo che mi irritava, anzi gli riconoscevo questa sua abilità da incantatore di serpenti.
Non apprezzavo invece una sua peculiarità originale, un comportamento automatico che, messo insieme al suo totale dispregio degli spazi altrui, creava un certo imbarazzo a tutti i colleghi.
Quel lunedì dovevamo risolvere un problema comune in attesa di soluzione fin dal venerdì precedente. Lui viene nel mio ufficio, si accomoda sulla sedia di fronte alla mia scrivania e come sempre non riusciva a stare fermo con le mani.
Come un bambino nevrotico il Dottor Casamonti toccava tutto quello che gli capitava a tiro e anche sulla mia scrivania non fece eccezioni.
Smontò e rimontò tutte le mie penne, spaginò un pacco di fogli e, nel constatare quanto fossero belli i miei figli, fece tre o quattro ditate sul vetro del ritratto di famiglia che avevo appena lucidato.
Mise le mani su tutte le caramelle sfuse della mia scatola di cortesia, finché, finalmente, ne scelse una.
Io non sono troppo schizzinosa ma, dal momento che il Dottor Casamonti teneva anche un altro comportamento discutibile questa fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Il fatto è che il viscido aveva l’abitudine di infilare mani e dita in tutti gli anfratti del suo corpo, naturali ed artificiali. Naso, orecchie, patta, varco delle mutande tra le natiche.
Lo faceva senza pudore ormai anestetizzato dalla consuetudine. Non credo che non se ne accorgesse piuttosto era convinto che fosse un suo diritto ancestrale ereditato da un antenato ominide.
È inutile dire che mi alzai di scatto urlando questo è troppo!


Lo espulsi dall’ufficio e, senza tema di passare per schizzinosa, feci sparire dalla mia scrivania la scatola di cortesia con le caramelle sfuse.



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