sabato 5 marzo 2016

De lo semicerchio e de lo strabiliante ingenio di Donna Berta

Lo scorso 5 marzo, un derattizzatore che prestava la sua opera nei sotterranei della Collegiata di San Giorgio a Tubinga, rinviene un documento vergato su carta pecudina, si tratta di un testo in volgare a caratteri gotici. Subito il prezioso reperto è stato consegnato alla locale e prestigiosa Università nelle mani dell'eminente medievalista Torinven Erfinder Von Warmwasser. 

De lo semicerchio e de lo strabiliante ingenio di Donna Berta

  Infra la umbra de la quercia, Duccio blastema seco mentre l’ultimo nato dorme, sub lo ventre de la matre sua. La altra bestiaglia gira e bruca le cecerbite sine cupidigia, il caldo de la ora nona di metà avosto abatte bestie e cristiani ma no est la calura che distorna Duccio. Ello ripensa co amaritudine a quello ke est addivenuto giorni addietro, a la benevola sorte ke lo abbe sfiorato et poi abbe abbrancato lo cugino suo. 
 In gran dispitto numera le fiate ke est addivenuta esta medesima conditione: onne tempo che Duccio cogita uno artificio, lo cugino suo precurrae con una opra mirabile e achatta uno beneficio, rimanendovi Duccio co uno pugnello di muscae. 
 Fue Duccio che abbe lavventura di incontrare lo magistro pinctore e subito abbe lo pensamento de fornire mostranza de lo talento suo acciò ke quello lo menae seco alla taberna pinctoria in Florentia. Deo gratias si interrumpta fuisse la vita da bevolco ke adlenta lo corpo e la anima, in specie destate ke si sopravvive soltanto sotto un albor, se no voli abraciare lo corpore da lo sole. Alsì de lo inverno no est tanto meglio, posto ke onne anno uno pastore in affanno lascia la buccia sua di uno morbo di petto, ke face esalare la alma et rattrappire lo corpo terreno. 
 Et ora Duccio adoliato resta sub la quercia fronzuta, co lo bastone nodoso per castigare li arieti, li più arditi in cerca di libertate et lo cane mordace ke attenta a le terga sue. Lo cane de lo padrone no lo ama, illo est bestiale, abe lo sentore de lo dispregio suo de le bestie… et Ambrogiotto est a la taberna in Florentia, a fare illo che più lo agrata.
 Le pecore omnie sono restricte ne lo angusto intervallo de la umbra, lo agnucolo bebe le menne de la matre co li oculi clausi. Duccio no abbe concordia ne lo core suo, cogita a lo istante illo de la adversa sua sorte: sappiendo ello per primo de lo messere di civitate, ke ogni die a la terza ora appedi se adfractava peli campi, erat venuto a canoscere ke era uno magistro pinctore ke abie taberna in Florentia. Lo nome suo erat Bencivieni di Pepo, detto Cenni. Pe aliqui diei Duccio abbe seguitato lo messere pinctore, alfine cogliendo lo sentiero e lo momento acconci a lo incontro fortuito. Esto est la piana de la Rupecanina, co uno saxo recto a la bisogna sua, ke se protende da la terra come uno dente di fiera et abe una parte leve pe la pinctura.
 Duccio canosceva la sua peritia essere equa a quella de lo cugino suo Ambrogiotto, ergo erat tempo di manifestarsi a lo magistro. Sic erat adito co lo carboncino ne la mano et mentre erat aprosemato a la radura, et si aprestava a lo spectacolo, vide in lontananza Ambrogiotto ante lo saxo suo et messer Cenni che mirava lo cugino somma cum satisfatione. 
 Maleficio su lo meo bono core et su la mea bucca sempiterne aperta.
 In fra lo summo ardore, pe la speme di bona resulta de lo pensamento suo, Duccio abe contato lo piano suo a lo cugino et ello lo abet defraudato de la sua pensagione. Nunc Ambrogiotto pinctava una pecora, la pulcherrima de tutto lo orbe terraqueo. Pure lo messer Cenni cogitao lo medesimo et lo die di poi se ne erat ito a Florentia co lo cugino.
 Caecato da lo livore, Duccio era romito ne la sua dimora dove albergava co la femina sua,  Donna Berta, ke ello batteva più fiate senza di ella mancanza alcuna. Ello bramava una novella sorte, et anco la mogliera.
 Fuisse ke lo padrone de li campi se rivenne sança famiglio pe recare lo latte a lo mercato di San Pier Maggiore. Duccio se pone a la causa et parte co lo carro et lo latte verso Florentia. In su la porta de la civita sente la eco de la fama de lo strabiliante iovine a la taberna pinctoria de Ser Cenni. 
 Uno civite, a la sua interrogatio su lo reperimento de la via de la taberna, rende lo contamento ke Duccio tenga la dritta et poscia volgesi a mancina, ke da sé medesimo avvederebbe ke era ella la taberna co lo populo dinnante, a mirare lo prodigio de lo iovane pinctore. 
Conta dipoi lo civite a Duccio: ello iovine pinctore abe pinctato su lo tavolaccio de la hostaria una musca et lo magistro abbe a tentare vanamente ella movere. Esta novella molto grava su la natura di Duccio, ke flagella lo cavallo come se fuisse lo cugino suo.
 Ante di addivenire a la taberna, de retro de lo angolo de la dimora, Duccio sente lo strepito de lo populo et comprende che in fine est giunto. Videt lo magistro ke lauda Ambrogiotto: “Giotto, suvvia mostra a lor messeri la somma tua peritia…” 
 “Immediate, magistro Cimabue…”
 Ello lo predilige… elli si nomano mutuamente co lo cognome de fraternità. In mentre de la pensagione Duccio est consunto da lo magno livore.
 Ambrogiotto cum mano sicura delinea uno O iusto et lo populo mormora: “OOHH…”
 Describere uno circulo est una impresa tam prodigiosa? Duccio se querula livido. Viridescente ne la facie sua, Duccio se trae a la campagna e torna a lo suo albergo, et se fa romito ne la sua cella vinaria. Longo cogita et infine lo intelletto suo emana esta sententia: Abeo a delineare una novella figura strabiliante, che approdi me medesimo a la istesima fama de lo cugino meo et ella figura est lo semicerchio…


Duccio tempta più fiate a pictare curvamine perfette, poscia sine eventi benevoli, se esperimenta cum li versi fracti et se avvede atto a li angoli, li quali facere, per hoc, no est gesto mirabile. 
 Ergo abeo  de rinvenire lo modo de rendere lo circolo uno quadro. 
 Dice cum magno clamore et da la cella vinaria sua ascende forte lo strepito de lo suo verbo.
 La mogliera Donna Berta no se intellige de la causa la quale abe spinto Duccio ne la cella vinaria, co lo carboncino, a pinctare signi sine forma iusta et de li verbi ke se ne ibano da la bocca sua sine significazione. Ella iam stat sine pecunia, imperoké lo marito suo non afatiga da multi diei, sic la femina relinque lo insano suo coniuge nela cella vinaria et se ne pervene a la civitate, a famiglia da Messer Cenni pe lo lucro suo di ella. 

 Esta mane ella est ne la taberna, in espectatio de lo mandato da lo domino suo et vede uno tavolaccio  de legno co la O pinctata di Giotto.  Preso ne le mane sue, lo torce et lo volve in fra che ella ne trae natura: ultime lo semicerchio est la medietate de lo cerchio… Et una pensagione principia ne lo caput suo. Ella ascende a la cocina et lesta trae lo gladio sinuoso carpito a lo moro da lo avo di Messer Cenni, regresso da la Terra Sancta de la Crociata.
 Esto cimelio est francto a la meça et donna Berta no lo strigne a la meglio. Ma lo cerebro de la femmina est vivido et ella descende a la cella vinaria de lo padrone suo e ne trae due parti di legno sine fractura accioké ella ben li tene ne le mano. Elli ligati co lo budello di pecora a le parti estreme de lo tagliente, donna Berta se ingegna di adibire lo attrezzo a la cocinagione. Postea ella se abilita a la onda de la lamina et se ralegra pe lo fausto pensamento et de la sua rara utilità. Trae una cipolla et erbe oficinalis quantità, et tutti li minuçola a trito co lo semicerchio ammanigliato, poscia le pone ne la sugna de lo maiale et la medesima risma fae co li epatelli di pollo.
 Poscia donna Berta, ke est femina accorta, verga uno scripto de cui la functione est facere de lo pane co li morselli di epatelli di pollo a la foggia de la toscana gente: … se vuoli fare morselli di pane  di epatelli di pollo per xx persone, togli due libre di epatelli di pollo, et togli due, cipolle grosse, bene capitute, et togli meça libra di acciuga a filetti, et togli meça libra di capperi, e togli ter libre di sugnaccio fresco sança sale, et togli metadella di brodo. 


Togli li epatelli ben lavati et serbali, della cipolla fae morselli picoli co lo semicerchio ammanigliato et mettili a sofrigere in sugnaccio fresco, quantità. Danne fragro con fronda ugnola di salvia officinale et poi togli li epatelli et ponili nel coculum et quando la cipolla ingialla tra’ne fuori li epatelli et ponili co li capperi et le acciughe et minuçali a trito co lo semicerchio ammanigliato et rimettili a cocere et adiungi ruberrimo vino, quantità, che fumighi da sé sola. Poni la metadella di brodo e lascia cocinare. Et quando è cocinato una grande dotta, aconcia il trito su fette di pane abrusciato et rinvenito nel brodo.

Se vuoli fare per più o meno persone, a questa medesima ragione. Hic et nunc!






2 commenti:

  1. Un omaggio di ringraziamento alla scuola di Scrittura Creativa Semicerchio di Firenze, al Presidente Francesco Stella, alla Direttrice Antonella Francini, al docente Vanni Santoni, a tutti i compagni del corso base ma anche agli altri discenti e docenti e least, but not last a Caterina Bigazzi.
    Cristina

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    1. Grazie, Cristina. Anche del delizioso epilogo de lo semicerchio e de lo ingenio di Donna Berta. Graditissimo omaggio! e complimenti per quel che leggo.
      A presto,
      Antonella

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